Lecce, Caprioli (OCF): “Il Tribunale torni a essere palazzo di vetro con accessi possibili agli operatori”

di Vincenzo Caprioli – Delegato Organismo Congressuale Forense, Distretto di Lecce | Pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno – ed. Salento – del 15 novembre 2022

Negli anni ‘90, sull’onda della legge sul procedimento amministrativo che imponeva agli uffici pubblici la trasparenza, fu coniata la espressione “palazzo di vetro” per indicare quelle amministrazioni virtuose, che si rendevano facilmente controllabili dal cittadino.
Nella amministrazione della giustizia la esigenza della trasparenza non fu molto sentita, non perché non ci fosse la necessità, ma perché i Tribunali sono per legge e per loro natura uffici “aperti” al pubblico. Pubblici sono i dibattimenti penali, pubbliche le sentenze civili e penali, per consentire il controllo del popolo, nel cui nome è amministrata la giustizia (art. 101 Cost.); ma la trasparenza, la interfaccia più efficace tra la domanda popolare di giustizia e la risposta dello Stato è affidata all’avvocato.
L’avvocato “ha la funzione di garantire al cittadino l’effettività della tutela dei diritti” (art. 2 legge professionale forense) e di conseguenza gli spetta il controllo della attività giurisdizionale attraverso i consigli dell’ordine (art. 29 legge professionale forense).
La primissima maniera di controllare la attività giurisdizionale è quella di partecipare ai giudizi e di svolgere il controllo sui singoli provvedimenti.
La partecipazione dell’avvocato alla amministrazione della giustizia quale garante qualificato è quindi indispensabile; ed in più di un occasione l’avvocatura ha dovuto fare ricorso alla protesta nell’esercizio della propria responsabilità di garanzia dei diritti.
Per rimanere a fatti locali, ciò è accaduto in maniera clamorosa nel 2014, quando il Foro leccese si astenne per oltre tre mesi: in quel momento numerose erano le doglianze, e tra esse, quella ancora irrisolta per il territorio, ovvero la soppressione delle sezioni staccate di Tribunale.
Venerdì scorso gli avvocati, riuniti in assemblea, hanno proclamato lo stato di agitazione, ed hanno domandato la revoca dei provvedimenti che hanno limitato prima nelle modalità e poi nell’orario l’accesso alle cancellerie civili del Tribunale: qualsiasi limite, anche di piccola entità, che si impone nell’esercizio della tutela dei diritti è un limite illogico al diritto stesso, rende difficile la realizzazione di quel diritto, di fatto limita il controllo sulla giurisdizione.
Vincolare ad orari o a prenotazioni l’accesso alle cancellerie significa rendere difficoltoso il compito che l’avvocato svolge in nome e per conto del popolo, quale soggetto costituzionale, e del singolo cittadino. Significa che il palazzo di giustizia non è né di giustizia né di vetro.
Per questi motivi, l’assemblea e l’Ordine degli avvocati di Lecce hanno domandato la rimozione del provvedimento impeditivo, e confidano che la presidenza e la dirigenza del Tribunale vi provvedano.