Contributo integrativo minimo 2023, l’intervento dell’OCF

Scialla: “L’avvocatura, nel pieno della grave crisi economica, è stanca e arrabbiata: non è prudente abusare della sua pazienza”

Desta grave preoccupazione nell’Organismo Congressuale Forense la decisone dei ministeri del lavoro e dell’economia che hanno negato l’approvazione della delibera adottata dal comitato dei delegati di Cassa forense il 16 settembre 2022, concernente l’estensione al 2023 dell’esonero del pagamento del contributo integrativo minimo, già sospeso nel periodo 2018/2022.

La mancata sospensione -spiega il coordinatore OCF Mario Scialla- colpisce gli avvocati con i redditi più bassi in modo incomprensibile. Ciò che indigna di più, però, non sono tanto le non condivisibili ragioni tecniche alla base del diniego – che saranno adeguatamente contestate da Cassa forense che si è riservata l’impugnazione del provvedimento- ma alcuni passaggi della decisione, che dimostrano la totale mancanza di conoscenza di quella che è la difficile situazione che da anni vive l’avvocatura”.

Nella decisione dei ministeri vigilanti, infatti, si stigmatizza il fatto che circa un terzo degli iscritti dichiari un fatturato inferiore a 17.750 euro e quindi si invita Cassa forense ad effettuare un puntuale approfondimento su costoro “i quali, -ci si spinge ad ipotizzare- probabilmente, esercitano altre professioni per le quali è richiesta l’iscrizione ad un albo o, ancor peggio, sono lavoratori dipendenti”.

Questa affermazione -continua il Coordinatore- dimostra, chiaramente, che chi vigila su Cassa forense non ha la minima idea di cosa significhi, in questi anni, lavorare e produrre reddito, cercando di assicurare la difesa, nonostante le pesanti disfunzioni della giustizia”.

Nessuna iscrizione ad altro albo o svolgimento di lavoro dipendente dunque ma penuria di redditi che verrà appesantita da una scelta politica precisa: non voler aiutare l’avvocatura, lasciandola sempre più sola, a combattere con le conseguenze sociali ed economiche di pandemia e guerra”.

Oggi c’è una bella differenza tra chi, nell’ambito della pubblica amministrazione, vive molto più “comodamente” la crisi, senza temere nulla dal punto di vista economico e chi, invece, dalla improduttività e inefficienza della giustizia deve trarre il suo sostegno, difendendo i diritti dei cittadini”.

L’avvocatura -conclude il coordinatore Scialla- va aiutata e non mortificata. All’avvocatura va ridata la giusta dignità che merita. Diversamente, si rischia una sua reazione”.